Intervento del prof. Adnane Mokrani - NON VIOLENZA, RIFORMA E DIALOGO: UNA PROSPETTIVA ISLAMICA
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ABSTRACT
Nei tempi moderni, è essenziale sottolineare l'importanza
del momento gandhiano, come momento di una nuova coscienza universale e
interreligiosa.
Nella storia premoderna,
l'umanità ha conosciuto modelli nonviolenti, esemplificati dal comportamento di
individui e gruppi che hanno favorito la nonviolenza come stile di vita.
Tuttavia, la modernità ha dato alla questione un carattere sistematico e
politico. La "resistenza pacifica", il satyagraha, del Mahatma
Gandhi (m. 1948), si ispirava a radici antiche, come il principio dell'ahimsa
nell'induismo e nel giainismo. La nuova dimensione che questa idea ha assunto
nel XX secolo non è stata possibile senza una serie di circostanze che hanno
spinto l'uomo a prendere coscienza di una visione nonviolenta radicale e inclusiva.
Il significato della guerra oggi
è diverso, nonostante si usino le stesse parole. La tecnologia moderna ha reso
la guerra più distruttiva di qualsiasi altra guerra precedente in epoca
premoderna. La comparsa di armi di distruzione di massa, e anche gli armi
convenzionali sono diventate più letali in modo tale che i cosiddetti
"danni collaterali" non possono essere evitati. In gran numero, si
tratta spesso di civili disarmati. Il volto feroce e criminale della guerra è
più evidente che mai. Per la prima volta nella storia, distruggere il nostro
pianeta è possibile.
La visione gandhiana mira a una
doppia liberazione dell'essere umano: liberarlo dalla violenza esterna, dal
colonialismo o dalla tirannia, e contemporaneamente liberarlo dalla violenza interiore,
affinché la vittima non sia a immagine e somiglianza dell'aggressore,
riproducendo gli stessi abusi.
Questa nuova visione ha avuto un impatto significativo sul pensiero religioso globale. A livello cristiano, non si possono immaginare Martin Luther King Jr. (m. 1968), Nelson Mandela (m. 2013) o Desmond Tutu senza il precedente gandhiano. A livello islamico, l'influenza di Gandhi si manifesta innanzitutto in un gruppo di musulmani che lo circondano, che collaborano con lui per liberare l'India e che adottano una nonviolenza radicale, espressa e giustificata in chiave islamica. Tra questi Abdul Ghaffar Khan (m. 1988), Mawlana Abul Kalam Azad (m. 1958) e, dopo di loro, Asghar Ali Engineer (m. 2013). Al di fuori del contesto indiano, troviamo pensatori e attivisti come il sudanese Mahmoud Mohammed Taha (m. 1985), il siriano Jawdat Said (m. 2022), l'iraniano Ramin Jahanbegloo, il palestinese Mohammed Abu-Nimer.
Che cos'è la teologia della nonviolenza?
Oggi viviamo in una nuova fase e
forma di collaborazione interreligiosa. Possiamo chiamarlo dialogo teologico o
teologia comparata che permette la nascita di teologie trans-religiose, che
condividono le stesse sfide e metodologie simili e cercano di risolvere i
problemi emersi dalla modernità. Mi riferisco soprattutto alla teologia del
pluralismo religioso, alla teologia della nonviolenza, alla teologia femminista
e alla teologia della liberazione. Possono essere considerate un'unica teologia
con aspetti diversi. L'esclusivismo religioso può trasformarsi in violenza,
soprattutto nei momenti di crisi, come la violenza contro le donne è al centro
della teologia femminista, che offre nuovi strumenti alla teologia del
pluralismo religioso. La teologia integrale della diversità religiosa è per sua
natura ecologica, nonviolenta e interreligiosa. Chi accetta la diversità si
riconcilia con sé stesso e con l'ambiente sociale e naturale in cui vive.
La nonviolenza non può essere ridotta all'attivismo politico per resistere al colonialismo o alla dittatura. È invece un modo di pensare e di vivere onnicomprensivo che richiede un disarmo della teologia. La teologia può essere espressione o strumento del potere. La teologia nonviolenta mira a liberare la teologia dalle ambizioni di potere e a orientarla al servizio di tutta l'umanità, dei poveri e degli oppressi. In questo caso, la missione della religione è vista come un atto di umanizzazione e di liberazione da ogni forma di violenza. La liberazione nonviolenta non è un semplice movimento sociale di cambiamento esterno. Tuttavia, parte prima da una trasformazione e conversione interiore. Ciò significa che tutte queste teologie hanno bisogno di una dimensione mistica. La teologia e l'ermeneutica mistiche sono una parte essenziale di questo progetto di riforma. La teologia della nonviolenza è al centro della Riforma religiosa islamica.
L'altro non è totalmente altro.
RispondiEliminaIl dialogo è per natura un atto non violento che ci permette di aprirci all'esperienza umana in tutte le sue forme.
RispondiEliminaNo attivismo ma dinamismo mistico/spirituale molto forte, di liberazione interiore.
RispondiEliminaLa non-violenza è quell'atto salvifico ed umanizzante che aiuta chi è oppresso a non cadere nella trappola della violenza che l'oppressore vorrebbe diffondere
RispondiEliminaNon è solo attivismo politico, ma la realizzazione di una profonda dimensione mistica e spirituale.
Con lo sviluppo tecnologico usiamo le stesse parole, ma non hanno lo stesso significato: il termine "guerra" prima dell'epoca moderna non può paragonarsi al significato della stessa parola nell'epoca post-moderna, anche le "armi convenzionali" hanno raggiunto una portata terribile.
RispondiEliminaLa non violenza vuole andare oltre la guerra difensiva, come scelta più radicale.
RispondiEliminaLa non-violenza è rischiosa come la guerra: abbiamo tante vittime della non-violenza!
RispondiEliminaLa non violenza è rischiosa, ma il successo non è garantito! Ma rimane una profezia, un potenziale da esplora con una immaginazione creativa.
RispondiEliminaLa non violenza è rischiosa, il successo non è garantito, ma rimane una profezia.
RispondiEliminaGrazie a Mokrani siamo invitati non solo a cercare e custodire le PAROLE che conducono nella PACE, ma anche i personaggi, UOMINI e DONNE che conducono nella PACE
RispondiEliminaDialogo, non come attività marginale ma come cambiamento e riforma
RispondiEliminaTeologia della NON-VIOLENZA mira a liberare la Teologia stessa dalle ambizioni di potere per orientarla a servizio dell'umanità, soprattutto dei poveri e degli oppressi.
RispondiEliminaAnche il cambiamento climatico è una forma di violenza!
RispondiEliminaNel Corano troviamo non la parola NON-VIOLENZA ma NON-COSTRIZIONE che include anche la violenza psicologica.
RispondiEliminaCaino ed Abele: lo ritroviamo nella Bibbia, ma tanti pensatori musulmani riconoscono in questo testo la "costituzione teologica" della non-violenza in ambito musulmano
RispondiEliminaLa rivoluzione pacifica e non violenta mette a nudo il dittatore
RispondiEliminaLa visione gandhiana mira a una doppia liberazione dell'essere umano: liberarlo dalla violenza esterna, dal colonialismo o dalla tirannia, e contemporaneamente liberarlo dalla violenza interiore, affinché la vittima non sia a immagine e somiglianza dell'aggressore, riproducendo gli stessi abusi. Grazie!
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