Intervento di Mons. Marco Gnavi - DIALOGO, SPERANZA, INCONTRO, ALLA PROVA DEL TEMPO

 


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L'introduzione si sente molto basso,

ma le relazioni si sentono bene


ABSTRACT


“Dialogo”, parola fuori tempo? Ha segnato quasi sessant’anni della vita della Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II ad oggi.  Evento straordinario e risposta dello Spirito al dramma della II Guerra mondiale (sessanta milioni di morti. L’abisso della Shoà e sei milioni di vite innocenti). Un punto di svolta nella storia: il 13 giugno 1960: Giovanni XXIII[1], appena eletto, incontra Jules Isaac, storico ebreo che aveva perso la moglie, la figlia e il genero ad Auschwitz e a Bergen-Belsen[2]. Redazione di Nostra Aetate, i  semina Verbi. Incontro con l’Islam e le grandi religioni mondiali. Estroversione della Chiesa Cattolica verso i mondi altri. Cristiani Orientali in universi a prevalenza musulmana. Massimo IV Saigh, patriarca Melkita.

1986 Giovanni Paolo II a Assisi. La pace cerca i suoi artefici. Chiave ermeneutica che ha traghettato il mondo oltre la caduta del muro (1989).

Globalizzazione e deglobalizzazione. Mondo spaesato. Nuovo millennio aperto dall’attentato terribile alle Torri Gemelli. Avvento del terrorismo Jihaidista. Vittime islamiche, oltre ai cristiani. Deculturazione dell’Islam. Stigma e islamofobia (Olivier Roy).  Mondo in frantumi. Tayyeb Berlino 2023[3]:

Globalizzazione finanziaria e non spirituale. Non più scontro di civiltà, ma atomizzazione dei conflitti in mondi sempre meno omogenei. Oriente e Occidente. Guerre asimmetriche ed eterne. Vittime civili. Siria, 11 anni, paese distrutto. Conflitto Russia – Ucraina. Propaganda e uso strumentale della storia. Es. Nazismo

Israele – Gaza. Pogrom 7 ottobre e risposta militare terribile di Israele: 30.000 vittime civili. Grossman cita Ghersom Sholem, studioso della Kabbalah: “Tutto il sangue scorre verso la ferita”. Hamas e distruzione di Israele. Israele e espulsione dei palestinesi. Orrore per entrambi. Preoccupazione per il futuro. Sussulto confuso delle giovani generazioni. Non si può cancellare la memoria storica. “Il figlio del tuo nemico resta un bambino”. Non può morire la compassione, a rischio del futuro dell’umanità. Nel mondo attuale cinquantanove conflitti.

Magistero di Papa Francesco, Pronunciamenti di Parolin. Il Vescovo di Roma non può scegliere una parte. Ministero di pace. Allarme per l’allargamento del conflitto. Pericolo atomico.  Dalla Lettera Enciclica Fratelli Tutti: Tali situazioni di violenza vanno «moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”» (n.25). “Questo non stupisce se notiamo la mancanza di orizzonti in grado di farci convergere in unità, perché in ogni guerra ciò che risulta distrutto è «lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana», per cui «ogni situazione di minaccia alimenta la sfiducia e il ripiegamento» (n.26).  “Come diceva San Giovanni XXIII, «riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia».[243] Lo affermava in un periodo di forte tensione internazionale, e così diede voce al grande anelito alla pace che si diffondeva ai tempi della guerra fredda. Rafforzò la convinzione che le ragioni della pace sono più forti di ogni calcolo di interessi particolari e di ogni fiducia posta nell’uso delle armi. Però non si colsero pienamente le occasioni offerte dalla fine della guerra fredda, per la mancanza di una visione del futuro e di una consapevolezza condivisa circa il nostro destino comune. Invece si cedette alla ricerca di interessi particolari senza farsi carico del bene comune universale. Così si è fatto di nuovo strada l’ingannevole fantasma della guerra (n.260). “Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. Domandiamo alle vittime (n.262). «Siffatte preoccupazioni assumono ancor più consistenza quando consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari con devastanti effetti indiscriminati e incontrollabili nel tempo e nello spazio (

 

Speranza, termine usurato? Sdoganamento della guerra. Dal linguaggio agli armamenti. Chiusura nell’ “io”. Crollo del “noi”. Educatori: dovere di trasmettere la passione per l’incontro e sfidare le semplificazioni. Sorprese dello Spirito. Testimonianza. Es. Shabbaz Bhatti in Pakistan. L’Imam di Lahore. Il ruolo della Grande Moschea a Roma. Le moschee nazionali. Tessere legami. Ricucire le tensioni. Soccorrere.

 

Incontro,  nel Lazio: “pezzi di pace” in un mondo in guerra. Sono un segno. Dialogo di prossimità: i musulmani nei territori. Ritessere il tessuto lacerato – Sfuggire le semplificazioni – Costruire legami di fraternità.

I nostri interlocutori: Gli abitanti residenti  nella Regione Lazio alla fine del 2023[4] sono 5.086.491 e i cittadini stranieri residenti alla stessa data sono 634.045 e rappresentano il 12,46% di tutta la popolazione, dato superiore alla media italiana che si attesta intorno all’8,5% della popolazione italiana. Di questi 634.045 i  cittadini di religione islamica si stimano in 140.0312. Verosimilmente, sommando a questi i mussulmani non residenti, ma presenti sul territorio della Regione, si raggiungono i 150.000, ovvero  il 2,75% di tutta la popolazione della Regione (5.086.491 abitanti) e il 22,12%  di tutti i cittadini stranieri del Lazio[5].

 

Luoghi di culto islamici: macro-categoria delle moschee, “centri islamici” con  riferimento sia per le amministrazioni e le prefetture, sia per le istituzioni laiche e religiose. Si tratta di realtà multivalenti aggregative, dotate di aree per le funzioni cultuali (divisi per uomini e donne) e per attività non prettamente legate al culto, di tipo formativo-culturale (scuola coranica, insegnamento dell’arabo a musulmani e non, iniziative rivolte alle donne e alle giovani generazioni, conferenze, incontri pubblici di dialogo interculturale e interre ligioso). In alcuni casi, i centri islamici ospitano attività economiche principalmente riguardanti il commercio halāl e una mensa per i fedeli, come anche librerie etnico religiose, progetti con particolari finalità, come, per esempio, l’assistenza nelle carceri e negli ospedali e l’organizzazione del rientro delle salme nei paesi d’origine. Istituzioni pubbliche e associazioni di volontariato laiche e religiose. I centri hanno avuto un ruolo fondamentale anche nella nascita e nello sviluppo delle più importanti organizzazioni nazionali, come, ad esempio, l’UCOII, Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, e il CII, Confederazione Islamica Italiana, due delle principali sigle associative dell’Islām italiano.

A Roma, Centro Culturale Islamico d’Italia che gestisce la Grande Moschea di Roma o realtà turche e iraniane. Vi si trovano anche luoghi privati gestiti da confraternite di sufi (zawāya), segnati da una specificità “etnica”, spesso costituiti e frequentati in maggioranza da italiani convertiti, per i quali sovente il sufismo rappresenta il volto più attraente dell’Islām.. Infine, ci sono le moschee sciite

 



[1] Angelo Roncalli, quando era ambasciatore della Santa Sede in Turchia, su richiesta dell’Agenzia ebraica, fornì migliaia di certificati di battesimo falsi e di visti a ebrei bulgari, romeni, slovacchi e ungheresi, permettendo loro di fuggire dall’Europa in Palestina. Cancellò il termine perfidis riferito agli ebrei, dalle intercessioni del Venerdì Santo.

 

[2] Nel 1947 pubblicò uno studio importante, Jésus et Israël, su come l’essere ebreo di Gesù contrastava con i successivi insegnamenti antiebraici dei cristiani. Fu anche uno dei fondatori di Amitié Judéo-Chrétienne de France. Comprese che, sebbene l’antisemitismo nazista avesse radici pagane, secoli di «insegnamento del disprezzo» (che è il titolo del suo libro del 1962) da parte dei cristiani. Grande sostenitore del dialogo tra ebrei e cristiani.

 

[3] Intervento alla Preghiera Internazionale per la pace, a Berlino, settembre 2023È ovvio che bruciare il Sacro Corano in alcuni paesi occidentali, noi in Oriente lo avevamo ritenuto un comportamento individuale insensato … se non avessimo letto del sostegno di alcuni governi a questo comportamento provocatorio nei confronti di due miliardi di fedeli che santificano questo libro sacro, con il pretesto della "libertà di espressione", che è un ingenuo disprezzo per la mente e per l’ovvia differenza cruciale tra libertà di espressione e libertà di creare scompiglio nell'offendere gli altri e i loro valori sacri.  I musulmani, a cominciare da Al-Azhar Al-Sharif e dal Consiglio dei Saggi Musulmani, hanno condannato il crimine di bruciare e demolire le chiese in Pakistan. Al-Azhar ha dichiarato che questo è equivalente al crimine del rogo del Corano, ed è un peccato e una aggressione.”.

[4] Dati Istat -Demoistat  al 31 dicembre 2023

 

[5] La comunità più numerose sono:

1.        Bangladesh              42.196

2.        Albania                     18.000

3.        Marocco                   14.852

4.        Egitto                        14.100

5.        Pakistan                     7.958

6.        Tunisia                        6.234

7.        Senegal                       4.300

8.        Macedonia Nord      3.900

9.        Iran                              2.849

10.      Afghanistan               2.652

11.     Bosnia-Erzegovina     2.575

12.     Somalia                        2.249

13.      Mali                             2.669

14.     Turchia                         1.521

15.      Iraq                              1.350

16.      Gambia                       1.975

17.      Kosovo                        1.310

18.     Libia                              1.009

19.      Siria                              1.000

20.      Guinea                         1.000

A queste nazionalità vengono aggiunti altri cittadini provenienti da altri 30 paesi.

 

 


Commenti

  1. La domanda del dialogo va collocato sul terreno della storia e della contemporaneità

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  2. L'empatia senza cultura scivola facilmente nel fondamentalismo

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  3. Non possiamo spegnere lo sdegno ma non possiamo nemmeno permettere che si azzeri il ricordo della storia.

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  4. Il terrorismo è esecrabile. Allora DIALOGO. Non è un termine usurato ma deve ritrovare nuovo vigore in un contesto di conflitto. SPERANZA. Si viva la speranza come atteggiamento pro-attivo, performante.

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  5. Se il mondo è in conflitto e la cultura non riesce ad elaborare la grammatica del dialogo, dobbiamo costruire spazi liberati dal conflitto e cultura dell'incontro: OCCORRE COSTRUIRE PEZZI DI PACE IN UN MONDO IN GUERRA

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  6. Liberiamoci dai gesti e dalle parole di violenza che i media diffondono

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  7. Siamo audacemente, intelligentemente, pacificamente operatori di pace! La pace è accoglienza, proposta. Non è esercizio celebrale. Si possono liberare le nostre periferie dai germi violenti. Siamo col vescovo di Roma costruttori di ponti!

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  8. Liberiamoci dai gesti e dalle parole di violenza che i media diffondono.

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  9. Siamo chiamati a costruire, attraverso il dialogo, degli spazi di prossimita' o "spazi liberati".

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